Il Thai o Tai siamese, parlato sia nella penisola indocinese che nel sud della Cina, appartiene alla famiglia linguistica tai-kadai (o delle lingue daiche). I suoi 60.000 parlanti si concentrano ovviamente in Tailandia, ma anche in Birmania e in Laos così come nel sud della Cina e nella regione del Vietnam settentrionale. La comprensione reciproca tra parlanti di diversi tipi di tai è possibile ma ardua: per esempio, la varietà di tai che più si avvicina al tai siamese è il tai birmano, poiché il sistema di scrittura è pressoché identico, data la comune derivazione dall’alfabeto khmer. Al contrario, per un Thailandese è quasi impossibile capire il tai parlato nelle province dello Guangxi e dello Yunnuan, a causa della presenza di ideogrammi di origine cinese.

Sapete perché il tai è chiamato anche siamese? L’origine di questo appellativo risale alla fine del XXII secolo, quando gli Khmer furono cacciati dal territorio e venne creato uno Stato unitario: il Regno del Siam, termine che significa bruno o scuro e che gli Khmer dopo l’invasione attribuirono alle popolazioni provenienti dalla Cina Meridionale, in riferimento al colore della loro pelle. Infatti, i ricercatori ritengono che i primi Tai sarebbero originari proprio del sud della Cina e questo spiega  l’influenza del cinese sulla loro lingua. Nel XVII secolo, sotto il regno di re Naroi, la Thailandia strinse numerosi rapporti commerciali con le più grandi potenze straniere dell’epoca, tra cui l’Inghilterra, i Paesi Bassi e il Portogallo; nello stesso periodo, il Paese accolse anche alcuni missionari francesi che fondarono un monastero nel quale si insegnavano il francese e il latino. Queste presenze straniere hanno senza alcun dubbio avuto delle ripercussioni sull’evoluzione del tai.

Il tai è la lingua ufficiale della Tailandia, parlata negli enti governativi, nelle scuole così come nella stampa. Ma sussistono diverse varietà di tai, ancora vive e parlate; ecco quali sono le più diffuse:

  • Il tai del Nord-Est, parlato dalla popolazione dell’Isan;
  • Il tai del Nord, parlato nei Mueang;
  • Il tai del Sud, parlato dai Pak Tai.

Tratti linguistici

Il tai è una lingua complessa e difficile da imparare, specialmente per gli Occidentali, per varie ragioni. Vediamo insieme cosa caratterizza la lingua e la scrittura tai.

Proprio come numerose lingue asiatiche, il tai è una lingua tonale a cinque toni (alto, basso, crescente, decrescente e neutro). Con un sistema di scrittura codificato nel 1283, i Tai hanno conservato l’alfabeto khmer e l’hanno adattato alle loro specifiche esigenze linguistiche e ortografiche: l’alfabeto tai oggi conta 44 consonanti, 23 tra dittonghi e trittonghi, che costituiscono delle lettere a pieno titolo, e 9 vocali, che possono essere distinte in brevi e lunghe… vi lasciamo immaginare la moltitudine di sonorità che possono essere riprodotte! Inoltre, le parole non sono separate da nessun segno grafico (lo spazio si usa solo per indicare la fine di una frase) e maiuscole e le minuscole sono inesistenti: tutto ciò può creare una certa confusione e rendere la lettura particolarmente ostica. Per quanto riguarda la coniugazioni dei verbi, le cose si fanno molto più semplici: infatti, il tai è una lingua isolante ovvero le parole sono invariabili: il verbo, per esempio,  rimane sempre uguale, indipendentemente dalla persona grammaticale e dal tempo verbale dell’azione. Per indicare il presente e il futuro, è sufficiente aggiungere una particella che precede (nel caso del futuro) o segue (per il passato) il verbo:

Pom pai: io vado

Pom pai léo: io sono andato

Pom dja pai: io andrò

Il rispetto delle formule di cortesia è un tratto che appartiene a numerose culture asiatiche che si riflette non solo sulla gestualità ma anche sui termini e formule usate per comunicare: la scelta del vocabolario sarà differente a seconda che il nostro interlocutore sia più o meno giovane o che appartenga a una classe sociale più o meno elevata. Cosa ancora più sorprendente, gli uomini ricorrono a termini diversi da quelli usati dalle donne: così, mentre gli uomini terminano le loro frasi con la particella krap, le donne, concludono il loro enunciato con ka. E non è tutto, esiste anche una lingua speciale per rivolgersi alla famiglia reale: si tratta dello Rachasap, in vigore dal XIV secolo, nonostante l’attuale sovrano, Bhumibol Adulyadej, incoraggi l’uso del tai standard, quello parlato dalla maggioranza della popolazione.

Pillole di tai per strada

Ecco qualche frase di uso quotidiano in lingua tai da conoscere per fare bella figura quando passerete per la Thailandia o in uno dei paesi menzionati nell’articolo:

  • khob khun (ขอบคุณครับ) à Grazie
  • mai ow (ไม่ครับ ขอบคุณ) à No, grazie
  • chan maï kao djaï (ฉันไม่เข้าใจ) à Non capisco
  • ka rou na (กรุณา) à Per favore

Una diattriba tutta italiana: thai o tai?

Con la maggior circolazione di persone, che si spostano per lavoro, studio o divertimento, il mondo è diventato davvero piccolo e anche realtà  considerate irraggiungibili, come appunto la Thailandia, ora sono decisamente molto più accessibili. I viaggi non portano solo merci e rapporti commerciali. Portano anche parole: patata (quachua bata, arawak batata), zero (arabo ṣift), balcone (longobardo, balk). Parole che poi, data la loro natura di unità comunicative, devono anche e prima di tutto essere articolate. Così, entrano a far parte del nostro vocabolario schiere di jogging, biberon e… Thailandia!

Ma come si scrive una parola scritta in un alfabeto diverso? Probabilmente, ognuno trascriverebbe i suoni così come li può percepire, secondo il sistema fonetico e ortografico a cui è abituato. Per questo abbiamo diverse realizzazioni fonetiche e di conseguenza anche grafiche nelle varie lingue per termini che procedono in realtà dalla stessa parola (dall’originario nahuatl xictomatl passando per lo spagnolo messicano moderno jitomate viene realizzato esp. /tomáte/, fra. /tOmat/, ing. /təˈmɑː·təʊ/; il nostrano pomodoro è tutta un’altra storia…).  Semplificando leggermente, potremmo dire che vi sono essenzialmente  tre modalità che regolano la scrittura di un lemma scritto in un alfabeto diverso da quello della lingua ricevente (quella che riceve la parola): traslitterazione, trascrizione e traduzione. Traslittero quando tento di creare un’equivalenza tra lettere, senza alcuna pretesa fonetica; trascrivo la parola quando cerco di riprodurre il suono della parola originale ricorrendo alle risorse che il mio alfabeto mi da; traduco quando faccio un’equivalenza parola per parola. Ora, il termine Thailandia ha una storia linguistica ibrida: ประเทศไทย, traslitterato e trascritto Prathet Tai , tradotto Stato o Terra di Tai è poi divenuto per derivazione Tailandia (come Groenlandia o Finlandia). La scelta di lasciare la H rimanda a un criterio di scelta fonetica che, tra gli altri, ha adottato indirettamente anche l’Accademia della Crusca, nonostante anche la versione Tailandia sia corrente. Le due forme coesistono proprio perché nell’italiano quotidiano orale T e th non sono fonemi cioè la loro opposizione è priva di valore distintivo, al contrario di c e p in /ka’ne/ e /pa’ne/ . Quindi a meno che non abbiate bisogno di scriverlo, durante una cena o un meeting nessuno saprà se la vostra Thailandia sarà con o senza quell’acca della discordia.

Studio Moretto Group e la lingua tai

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